Sulla scorta di alcune importanti considerazioni dell’antropologo Bachisio Bandinu e sulle precise e puntuali testimonianze dei pastori sulla vita difficile negli ovili e sui problemi del comparto e prevalentemente sulla inadeguatezza del prezzo del latte, vogliamo come Associazione contribuire a sviluppare una discussione che parta dal basso dando centralità agli operatori della “campagna”.
Anche quest’anno, sempre ad inizio stagione, il prezzo del latte sarà argomento di estrema attualità che ha in passato sconvolto il mondo delle campagne creando non pochi problemi all’interno delle Comunità dell’Isola e fra le forze economiche, sindacali e politiche sarde e nazionali. Sarà comunque nuovamente e puntualmente l’occasione per affrontare e discutere una tematica delicata che si presenta costantemente ad inizio stagione lattiero/casearia e ancora non ha trovato una soluzione strutturale adeguata. Solidali sempre con le mobilitazioni precedenti del mondo delle campagne, diciamo che forse è arrivato il momento di trovare in tempi brevi una soluzione che restituisca dignità agli operatori della campagna e scongiuri il rischio che la rabbia repressa conduca a scelte irresponsabili.
La filiera deve responsabilizzare tutti gli attori impegnandoli così da autentici protagonisti per implementare efficienza, innovazione e “governance” adeguata per affrontare le insidie del mercato con le proprie forze. Per esercitare con forza una pressione energica e determinata bisogna effettuare una ricognizione puntuale e precisa dei punti di forza e di debolezza per tracciare un itinerario condiviso che individui nella consapevolezza, competenza , organizzazione e nella innovazione le leve del cambiamento. Siamo tutti consapevoli che il settore lattiero-caseario rappresenta un comparto importante dell’agroindustria in Sardegna che impegna circa 139.000 aziende e un fatturato decisamente importante in termini di prodotto interno lordo. Il settore produce in sostanza 500mila quintali di formaggi ( 11% della produzione nazionale) di cui 340.000 quintali di pecorino romano, 20.000 quintali di pecorino sardo, 7000 quintali di fiore sardo ed il resto è costituito da formaggi vaccini e caprini.
Lo sbilanciamento della produzione di pecorino romano ci espone a rischi elevati poiché esiste un unico mercato che è rappresentato dagli Stati Uniti d’America. L’oscillazione di prezzo di mercato negli anni ( max 9 euro al Kg. 2016 e min. 6,80 al Kg. 2019), il ciclo di vita e le abitudini dei consumatori americani impongono agli industriali di prendere nella dovuta e debita considerazione che bisogna riposizionare tutta l’attività produttiva andando incontro non solo ai gusti dei consumatori( anche europei) ma alla ricerca di nuovi e più redditizi mercati ( asiatici in particolare).
Tutte queste anomalie correlate alle strategie di produzione e di marketing governate da soggetti ben individuati ricadono sull’anello debole della catena che è rappresentato dagli allevatori. Questi ultimi, estranei alle vicende accennate, quando elaborano il loro conto economico si accorgono della fregatura presa poiché il costo di produzione di un litro di latte nelle grandi aziende registra 1,33 e nelle medie aziende si incrementa fino a 1,82 per litro di latte munto. Il mercato sardo ha riconosciuto ai pastori e allevatori un prezzo di euro 0,625/0,715 al litro (2018) ed un prezzo di euro 0,825/0,915 (2019) lontanissimo il primo e lontano il secondo rispetto alle attese promesse.
Da un elementare confronto le aziende producono in perdita ed anche tenendo in considerazione i premi comunitari e il benessere animale erogato dal settore Pubblico non trova adeguato riscontro il lavoro nei campi degli operatori impegnati pressoché con la formula h24. La domanda nasce spontanea. Quali strategie d’impresa si possono rilevare efficaci nel breve e medio periodo?
1) La differenziazione orizzontale del prodotto e la ricerca di nuovi mercati;
2) La ricerca di una scala di operatività più efficiente tra produttori;
3) Innovazione di processo negli allevamenti;
4) Differenziazione verticale del latte;
5) Accrescere il potere di mercato;
Quest’ultima strategia rimane nelle mani dei pastori/allevatori e presuppone un cambio di passo e di “rivoluzione culturale” per incidere sulla riduzione del prezzo di produzione del latte. Alcuni esempi ci aiutano a capire meglio la portata della criticità imperante. I protagonisti devono abbandonare l’individualismo esasperato che ha creato sono disastri per il settore. Cosicché quando acquistano mangimi e altri fattori produttivi, se vogliono seriamente acquisire potere di mercato, devono impegnarsi nel formare sempre più stretti e coordinati gruppi di acquisto. Individuare una azione coordinata per intervenire sulla innovazione dei processi produttivi degli allevamenti.
Un esempio potrebbe essere rappresentato dall’introduzione di erbai perenni che sicuramente richiede l’acquisto di miscele di sementi sui mercati internazionali adatte allo scopo di ridurre irrigazione, fertilizzanti e lavorazioni, riducendo drasticamente i costi di produzione. Non possiamo sottovalutare l’importanza di intervenire nella riorganizzazione aziendale per creare i presupposti di modelli nuovi che richiamino il potenziamento con le “aziende multifunzionali” per sfruttare al meglio la presenza continua e costante degli stessi operatori a lavoro. Una esigenza che sta emergendo è rappresentata dalla mancanza di forza lavoro adeguata per il mondo delle campagne quando verrà ad esaurimento la manodopera rumena e in parte africana correlata all’invecchiamento degli attuali operatori.
Anche qui bisogna rivoluzionare l’organizzazione delle aziende scomodando il modello industriale ( organizzazione gerarchica e organizzazione funzionale o mista organizzazione gerarchico/funzionale) con orari standardizzati per le esigenze dell’azienda e per i bisogni e necessità nonché meriti dei lavoratori delle campagne combattendo e “demolendo” lo storico e ormai anacronistico h24.
Quanto scritto costituisce un semplice nucleo di obiettivi strategici per i quali potrebbero occorrere azioni mirate che incentivino i comportamenti desiderati dalla categoria. Concludendo ai nostri operatori e produttori di latte ovino che insieme fanno e rappresentano storicamente “LA COMUNITA’ DEI PRODUTTORI” di latte ovino più grande d’Europa suggeriamo di lavorare culturalmente sulla acquisizione di quella consapevolezza che aiuti a superare la loro fragilità che deriva dalla frammentazione atavica collegata ad un eccesso di individualismo che loro esercitano sulle decisioni e, quindi, brutalmente sulle loro aziende e indirettamente ma pesantemente sulle loro famiglie.
Il cambiamento passa attraverso scelte strategiche coordinate che sicuramente possono essere in grado di influenzare gli esiti del mercato a loro vantaggio e di conseguenza di tutta la filiera. Su questa battaglia è necessario impegnare, oltre alla classe politica e alle Istituzioni, i sindacati di categoria che spesso “impegnano” su piani talvolta poco nobili (elegantemente le chiamiamo rendite di posizione) gli “imprenditori agricoli” piuttosto che guidarli e orientarli per rendere le aziende autonome e non più costrette a sollecitare gli aiuti esterni di contributi che poi mancano in altri settori più delicati e rivolti spesso alla salvaguardia della dignità delle persone.
SEGNALATO DA: ASSOCIAZIONE “LABORATORIO SARDEGNA DI DENTRO”