Sant’Antiocru. Quando una festa di comunità divenne cosa per pochi eletti.

9 Mar, 2017 | Gavoi | 0 commenti

Ricevo e pubblico la lettera segnalata da Francesca Podda “Un gruppo di cadderis e cittadini”

Negli ultimi anni si è constatato quanto alcuni elementi della tradizione gavoese siano andati perduti. Spopolamento, un maggiore interesse verso altre questioni e, di contro, una minore religiosità hanno certamente contribuito a far dimenticare tali peculiarità.

Tra non molto torna l’appuntamento con la festa primaverile di Sant’Antiocru, un tempo patrono del paese e cuore di convivialità, incontro e relazioni per tutto il territorio circostante oltre che veicolo di una tradizione equestre andata quasi perduta. Molti ricordano ancora sa vardia e i più vecchi riportano addirittura di un antico palio. Sant’Antiocru era atteso, partecipato, festeggiato con una serie di dinamiche che andavano oltre la religiosità stessa ed erano capaci di tessere una forte rete comunitaria. Inutile negare che non si può tornare indietro, ai fasti di un tempo, ma ciò non toglie che oggi, nel 2017, ci sia comunque la volontà di ripristinare una parte di quell’atmosfera e di quel confronto che hanno segnato la storia di Gavoi. Così, dunque, un gruppo spontaneo di cavalieri e cittadini ha avanzato la proposta di organizzare una giornata dedicata alla tradizione equestre in collaborazione attiva con prioriato (che ha ben accolto la proposta) e comitato.

Raccolte tutte le informazioni e la regolamentazione del caso, si è potuto constatare la fattibilità dell’evento con una spesa irrisoria. Si parla di un evento che avrebbe potuto animare la giornata della domenica e attrarre numerosi visitatori appassionati delle manifestazioni equestri, con tanto di ricaduta positiva sull’economia del territorio. Considerando che il Comitato di Sant’Antioco possiede un buon budget che deriva dalle questue degli ultimi decenni (si parla di migliaia di Euro), la stessa manifestazione non avrebbe gravato né sulle casse del Comune, né tantomeno sulle tasche dei cittadini (i quali, ogni anno, contribuiscono nel proprio piccolo con offerte e donazioni, nonostante gli scarsi festeggiamenti). Peccato che l’idea sia andata a scontrarsi con impedimenti di una natura poco chiara.

Si è scoperto, infatti, che tale tipologia di eventi non sia ben vista dal Comitato (o alcuni elementi di questo). Lo stesso Comitato che sino a poco tempo fa impediva il libero accesso alla piazza chiudendo i cancelli con lucchetto e, in qualche occasione, anche la libera fruizione della chiesa. E si è scoperto pure che, in un tempo non ben definito, è stato deciso che i soldi derivanti dalle questue e non utilizzati per i festeggiamenti, debbano stare fermi nelle casse “per tenerli a disposizione per eventuali lavori nella chiesa”, fatto sancito in un documento firmato dal vescovo (chi ha avanzato poi la proposta al vescovo?). Da qui ne deriva l’impossibilità di destinare i soldi non spesi all’edizione successiva. Insomma, non si sa mai che possano servire alla Chiesa. Per non parlare dei locali della POA, rivelatisi utili in più occasioni ma oggi chiusi perchè “sede di un non specificato museo” (…).

Come accennato in premessa, la maggior parte delle manifestazioni nella cultura sarda vanno oltre la semplice preghiera arricchendosi di significati altrettanto importanti come il confronto e la relazione. Nel corso degli anni, inoltre, tutti i  gavoesi hanno contribuito con le proprie tasche per i (non) festeggiamenti senza sapere della nuova regolamentazione sopra citata.

Alla luce di queste considerazioni diviene naturale porsi qualche quesito che speriamo possa essere punto di partenza per una riflessione partecipata e condivisa.

  • E quindi: Qualcuno ci può spiegare quando una cosa pubblica e di comunità è diventata monopolio di pochi e chi ha insignito alcuni degli elementi del comitato del titolo di “mere(s)de Sant’Antiocru” ?
    Come è possibile che una festa di tutti venga decisa da questa manciata di persone?
  • E ancora, è questo il modo di supportare coloro che con idee e massima disponibilità vogliono fare qualcosa per il paese a titolo totalmente volontario e senza alcun tornaconto?
  • O forse tutte le dinamiche e gli elementi che ruotano attorno a una festa di natura religiosa sono meno importanti delle sole preghiere?
  • Le parole e le azioni delle nuove generazioni hanno inoltre meno valore e importanza di chi detiene un “potere” da decenni e fa il bello e il cattivo tempo di una cosa che invece appartiene a tutti?

Tale lettera aperta è frutto di una lunga riflessione e si è sempre più convinti che il mantenimento dello status quo non giovi in alcun modo al paese di Gavoi. Ora si parla di Sant’Antioco, ma il discorso vale anche per altre situazioni. Si ribadisce la volontà di voler fare, provare e cambiare, rispettando la tradizione e allo stesso tempo il contesto attuale, ma se ogni volta ci si deve scontrare con mentalità che non erano al passo coi tempi nemmeno 50 anni fa, allora è vero, andranno a perdersi tante cose.

Poi non lamentiamoci dell’apatia delle nuove generazioni e che “in paese non si fa mai nulla”.

Un gruppo di cadderis e cittadini segnalata da Francesca Podda

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